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Il native advertising

Il native advertising è entrato nelle grandi redazioni.
Ha generato un nuovo tipo di informazione più interessante dei comunicati stampa e più corretta dei pubbliredazionali. Ma c’è chi dice no… Il native advertising è una informazione commerciale strutturata, inserita all’interno dell’edizione, dal punto di vista grafico e dal punto di vista della linea editoriale. A differenza dell’advertising dissimulato in forma di articolo giornalistico (pubbliredazionale), scorretto e vietato, il native advertising indica chiaramente chi è l’inserzionista che sponsorizza l’articolo.
Posizionati al di fuori dei canonici spazi pubblicitari e ben inseriti a livello grafico tra gli articoli propriamente giornalistici, il native advertising suscita reazioni negative tra molti addetti ai lavori.
Mentre grandi editori, come il Corriere della Sera, ricorrono al native advertising per recuperare parte dell’interesse dei pubblicitari, molti giornalisti si sentono degradati dalla commistione, anche solo grafica, di contenuti giornalistici e pubblicitari. In realtà, gli editori che utilizzano il native advertising hanno l’obbligo di indicare la natura del messaggio al lettore, inserendo in testatina «sponsorizzato da» e «in partnership con». .

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